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Il calcolo e la scrittura nella storia Cenni sull’invenzione della macchina per
scrivere e della calcolatrice automatica il volo dell'intelletto - George Edward, circa 1830 - immagine tratta dal web La storia dell’uomo è caratterizzata dalle conquiste tecnologiche. A ogni passo in avanti del cammino del progresso nuove macchine e nuovi ritrovati hanno permesso di concretizzare sogni fino a poco prima irrealizzabili. Ciò che una volta era possibile solo immaginare diventa, prima o poi, una realtà e tanti sono gli esempi che possiamo indicare, dal sogno di volare di Icaro a quello di viaggiare a velocità sempre maggiore su veicoli sempre più potenti, a quello di sapere ciò che succede in posti lontani. La nascita di apparecchi volanti, di automobili, di treni, di radio e televisione è effettivamente la risposta, magari attesa per millenni, a sogni e desideri dell'uomo e sono oggi conquiste talmente diffuse che non le riteniamo nemmeno ottenute con fatica. Per la maggior parte di esse, tuttavia, possiamo scoprirne lunghissime fasi di evoluzione e modificazione e in molti casi non è possibile indicare un solo inventore ma piuttosto una serie di sperimentatori e ricercatori, ognuno dei quali ha lavorato su ciò che altri hanno seminato e ha apportato il suo personale contributo. Molte invenzioni sono nate con grossi difetti dovuti a difficoltà tecnologiche o culturali e si sono sviluppate per mezzo di apporti da parte di altre persone che hanno voluto migliorarle e renderle accessibili al più vasto pubblico. Il ritorno economico è fondamentalmente la motivazione che più spinge lo sviluppo di un’invenzione e l’invenzione spesso mostra una nascita, una crescita, una maturità, una decadenza e anche la morte; quando non serve più per mutate esigenze commerciali o educative, sociali o quando soppiantate da nuove tecnologie che la rendono obsoleta. La mitologia del volo umano - Icaro e Dedalo Il sogno del volo umano si realizza. Fratelli Wright, 17 dicembre 1903.
La scatolina che contiene immagini e suoni da posti lontani. Televisione, 1928.
In questo
piccolo lavoro intendo mostrare come la macchina per scrivere abbia mostrato
esattamente il percorso che ho appena semplificato. La macchina per
scrivere, data per morta solamente una ventina di anni fa per causa
dell’avvento delle tecnologie informatiche di massa e internet, è ancora ben
lungi dall’essere una tecnologia morta; abbiamo invece l’impressione, fondata
su conoscenze storiche, sociali e, perché no, commerciali, che una nuova vita possa
essere per lei prevista nel prossimo futuro, naturalmente in un ruolo di
nicchia. Ma attenzione: nel contesto sociale moderno, occidentale e fondato su
modi di pensiero di massa dettati dal marketing globale, la macchina per
scrivere è uno dei tanti strumenti inventati dall’uomo che ha tutte le carte in
regola per diventare strumento di innovazione, di nuovo pensiero, di
comunicazione elitaria, di trasmissione di pensiero moderato, riflessivo,
ponderato; e, se lo vogliamo, anche uno status-symbol. Olivetti Lexikon 80.
Per parlare dell’invenzione e della storia della macchina per scrivere è però opportuno cominciare analizzando un’invenzione ad essa comunemente correlata ma fondamentalmente più importante, quella del calcolo. La storia mostra per il calcolo un percorso ben più lungo e incredibilmente ramificato e lo si può considerare uno dei primi desideri dell’uomo con lo scopo di rendere concreti gli sforzi di unione degli uomini nella civiltà e naturalmente di fissare nel tempo documenti importanti. La macchina per scrivere rappresenta così lo sviluppo, complementare, di simili esigenze.
Immagine esplicativa del funzionamento dell'abaco. L’idea di
semplificare, accelerare e facilitare il calcolo è antichissima e risponde
soprattutto alla necessità di trasformare un compito estremamente ripetitivo e
noioso ma anche eccezionalmente importante in un’operazione facile, sicura e
affidabile. Fare di conto è, infatti, un’esigenza che affonda le sue radici
all’alba delle civiltà, con lo scopo di amministrare beni e territori. Il
calcolo è nato ben prima della scrittura: lo si nota, infatti, innato già nel
bambino in età prescolare e si presume che l’esigenza di tenere conti sia nata
spontaneamente circa trentamila anni fa quando gli uomini dovettero cominciare
ad associarsi nelle attività di caccia, pastorizia e coltivazione: la necessità
di dividere i frutti del lavoro e tenere sotto controllo i propri beni fu la
spinta primaria per l’invenzione dei primi sistemi di calcolo, generalmente
basati su elementi simboleggianti le dita della mano. In questa fase storica
non si tratta ancora di eseguire operazioni matematiche quanto di annotare,
semplicemente, movimenti di merci. Per questo scopo è sufficiente tenere
traccia degli scambi elencando i beni e numerandoli. La numerazione nasce
quando l'uomo trasferisce su un supporto, dapprima in argilla (che può essere
cotta e quindi diventare duratura), ciò che si fa normalmente utilizzando le
dita della mano. In tal senso nasce la numerazione a base 10 ma è provato che
in diverse parti del mondo, in epoche storiche pressochè contemporanee, sorsero
sistemi di numerazione a base otto e sessagesimali.
La prima calcolatrice utilizzata dall'uomo è la sua mano.
In questa illustrazione il sistema di conto elementare latino (non
anglosassone, dove le dita vengono usate in maniera diversa).
La numerazione a base otto è apparentemente curiosa, e risponderebbe al fatto che in talune civiltà dell'antichità si usassero solamente le dita non opponibili delle mani, utilizzando forse i pollici per tener conto dell'ordine raggiunto. Fatto sta che il sistema ottale è arrivato fino all'età moderna e utilizzato persino in taluni linguaggi di programmazione di computer. Il sistema sessagesimale sembrerebbe essere nato utilizzando, per contare, anche le dita dei piedi. In questo caso, come mai si arriva a sessanta? Per noi europei-latini la domanda può sembrare ovvia e ragionevole ma il sistema di conto manuale utilizzato nei paesi anglosassoni ci avvicina alla risposta: se contiamo sulle dita di una mano fino a cinque possiamo utilizzare un dito dell'altra mano per rappresentare una cinquina. Utilizzando quindi ambedue le mani arriviamo a cinque cinquine e, ovviamente, abbiamo ancora una mano piena, del valore di cinque, per un totale di trenta. Utilizzando anche le dita dei piedi, si arriva a sessanta. Se osservate i bambini inglesi o americani contare con le dita, vi accorgerete di quanto questo sistema sia utilizzato ed efficace. Questo sistema permette, in effetti, di "misurare" con valori più alti rispetto al sistema decimale e richiede anche un maggior impegno mentale, cosa che non fa affatto male. Solamente, nell'era dell'automazione, non abbiamo più bisogno di fare i conti a mente, con ciò perdendo moltissimo in capacità mnemoniche e di ragionamento. Chi sa utilizzare il cervello per fare calcoli può arrivare a vette altissime. Per fare un esempio, basta chiedere a Richard P. Feynman. Il sistema sessagesimale è nato pressochè contemporaneamente in diverse civiltà e probabilmente con lo scopo di avere maggiore precisione nel calcolo. Utile soprattutto in geometria e affinato dai Greci.
Strumenti di
calcolo veri e propri, e per questo intendiamo anche sistemi di operazioni
matematiche e simboli atti a trasmettere valori e operazioni, sono stati
inventati e impiegati, successivamente, quando l’uomo ha cominciato a scambiare
i suoi prodotti passando dal semplice baratto all’arte del commercio. Come
abbiamo visto, dopo l'utilizzo delle tavolette di argilla impiegate in
Mesopotamia per la semplice registrazione delle entrate e delle uscite di merci
si arriva al primo vero strumento di ausilio per il calcolo, l’abaco,
probabilmente inventato in Cina intorno all'anno duemila aC. Con l'abaco si può
effettuare un calcolo senza utilizzare superfici di registrazioni e così
annotare solamente il risultato; l'abaco è anche facile da imparare e per questo
insegnato anche nelle scuole e in alcune civiltà una persona che impari a fondo
l'utilizzo del calcolo diventa autorevole e rispettato, poichè ricercato per i
commerci e per risolvere problemi complessi. Notiamo che il termine moderno “calcolo”
deriva dal latino “calculus” che identifica un semplice sassolino, l’elemento
impiegato per insegnare a fare di conto ai bambini. La meccanica viene per la prima volta applicata alla funzione di semplice somma in un geniale strumento di probabile invenzione greca (donde il nome), l’odometro, che serve a visualizzare una distanza su dischi rotanti azionati dal moto di una ruota di un carro; questo strumento è la prima forma di calcolo meccanico applicato all’industria e al commercio. Questo potrebbe trattarsi anche del primo utilizzo pratico dell'ingranaggio, ruota munita di denti con lo scopo di trasmettere moto o informazione.
Esistono
evidenze che dimostrano il suo utilizzo in campo terrestre e marittimo
per misurare le distanze percorse. I romani perfezionano lo strumento e lo
impiegano diffusamente per la costruzione della loro enorme rete stradale e si
può dire che l’odometro sia stato basilare proprio per consentirne le celebri
caratteristiche di precisione. Menzionato e perfezionato anche da Leonardo
da Vinci, l’odometro sfrutta invenzioni geniali come la vite senza fine e
l’ingranaggio di riporto e costituisce il primo esempio di calcolo meccanico e
il punto di partenza per lo sviluppo delle calcolatrici meccaniche basate su
dischi rotanti e ingranaggi del Seicento. L’odometro rimane pressoché
inalterato per molti secoli e ancora oggi è possibile vederlo all’opera nei
cantieri stradali.
Il quadrante di un odometro del Settecento
Nei secoli bui del medioevo la tecnologia, in qualunque campo, è caratterizzata da uno sviluppo molto lento e moltissime discipline si mantengono invariate per intere generazioni: nel lavoro dei campi si utilizzano per millenni semplici macchine come le pompe a vite o gli argani, ma è un fatto che l'uomo cerchi sempre di trovare una soluzione a un problema pratico, non foss'altro che per fare meno fatica; è comunque la spinta che serve a inventare apparecchi che non esistevano prima. L'esigenza di misurare il tempo diventa via via sempre di maggiore rilevanza poichè serve per i trasporti di merci; nei trasporti via mare il sistema di controllo del tempo è alla base della navigazione efficiente. Quando un orologio meccanico si dimostra in grado di funzionare correttamente e con errore di pochissimi secondi dopo molti giorni di navigazione, si dà l'avvio all'esplorazione e alla scoperta di nuovi continenti. Nel Cinquecento lo sviluppo dell’orologeria pone le basi per la meccanica di precisione. Molti artigiani raggiungono notevoli vette nella costruzione di ingranaggi di piccole dimensioni che consentono agli orologi di diminuire gli ingombri e migliorarne le caratteristiche di precisione e regolarità. Peraltro non esiste ancora un processo industriale standardizzato e semplicemente ogni costruttore di orologi produce macchine completamente diverse e incompatibili con analoghe costruite da altri. Nel Seicento la meccanica di precisione è ormai matura per lo sviluppo delle prime macchine contatrici, che non sono altro che tentativi di automatizzare somme di numeri. L’idea è gettata ma molte lacune di progetto e tecnologiche non facilitano il lavoro dei costruttori che si accingono a questa sfida. Notevole, comunque, in questo momento storico, rimane il lavoro del tedesco Wilhelm Schickard, che già nel 1623 mette a punto la prima calcolatrice meccanica a sei cifre, sia pure con qualche difetto costruttivo legato alle difficoltà tecnologiche e a quelle progettuali. Il matematico tedesco è il primo a realizzare una macchina meccanica, definita da lui stesso “orologio contatore” che, anche se mancante di alcuni dispositivi necessari e impossibili da realizzare mediante la tecnologia della sua epoca, rappresenta il fondamento delle giuste intuizioni e delle esatte procedure tecniche e comunque anticipa il lavoro più famoso di Blaise Pascal di una ventina di anni.
E’ celebre,
in tal senso, la macchina addizionatrice di Blaise Pascal datata intorno
al 1645, la cosiddetta Pascalina, che è passata alla storia per essere
la prima macchina addizionatrice realmente funzionante, sebbene meno
sofisticata di quella di Schickard, e fu il punto di partenza per una serie
pressoché infinita di dispositivi via via sempre più sofisticati.
Macchine in grado di eseguire somme e sottrazioni ma non ancora divisioni e moltiplicazioni cominciano a diffondersi, anche se rimangono delicate e costose e non in grado di reggere un lavoro continuo ed intenso. A partire dalla seconda metà del Seicento diversi costruttori realizzano calcolatrici diverse e sviluppano meccanismi geniali, anche se in tutti i casi si tratta di opere con impronta artigianale e realizzate in piccolissime serie e destinate a rimanere poco diffuse. Infine la macchina di Gottfried Wilhelm von Leibniz, concepita intorno al 1694 e sviluppata dallo stesso inventore negli anni successivi, fu la prima vera e completa macchina calcolatrice in grado di effettuare le quattro operazioni e anche radici quadrate grazie all’introduzione del tamburo accumulatore che può essere spostato trasversalmente per scomporre in semplici serie di addizioni e sottrazioni le operazioni di moltiplica e divisione. Replica
moderna della macchina calcolatrice di Leibniz. E' semplicemente
fantastica. La moltiplica è effettuata mediante somme ma spostando il
carrello del totalizzatore si scompone il fattore di moltiplicazione in
un numero ridottissimo di azionamenti di manovella. Da questo
momento in poi il calcolo meccanico è pronto, sia concettualmente che
tecnologicamente, a diffondersi in tutto il mondo. Grazie al grande
sviluppo della tecnologia meccanica di precisione nell’industria dell’Ottocento
lo si vedrà invadere uffici e società commerciali di ogni dimensione. In questo campo Olivetti ha lasciato un segno davvero
tangibile, per mezzo di macchine all'avanguardia e tecnicamente innovative.
Calcolatrici Olivetti sono conosciute in tutto il mondo e molti esemplari sono
conservati perfettamente funzionanti in musei e strutture espositive d'arte
moderna. Collezionisti di tutto il mondo le celebrano e da qualche tempo anche
sul web è possibile contattare appassionati di Olivetti. Olivetti Divisumma 24 (1965) * * * * * Nel
frattempo un’altra esigenza stava nascendo, intorno all’età medioevale. La
trasmissione della cultura e delle informazioni era da sempre affidata ai
manoscritti, in una lunghissima epoca in cui l’alfabetizzazione era pressoché
riservata a potenti, nobili e benestanti che dovevano, peraltro, comunque quasi
sempre rivolgersi a persone specializzate nell’arte della scrittura, gli
scrivani; la diffusione dei libri manoscritti fu ovviamente molto lenta e
soggetta ad errori e manchevolezze dato che i volumi, che potevano essere
solamente ricopiati a mano da altri tecnici parimenti specializzati,
diventavano via via copie di copie e soggette a frequenti errori di
trascrizione. Si comprende facilmente come problemi dell’interpretazione della
grafia producessero gravi difficoltà nella riproduzione manuale di un volume.
Fu in questo contesto che l’idea di meccanizzare e standardizzare la scrittura
sorse nel Trecento e portò, gradualmente per mezzo di idee e inventori diversi,
alla nascita della stampa, realizzata con numerose diverse tecniche in tutto il
mondo. La stampa a caratteri mobili fu un traguardo che permise il primo salto
di qualità nella diffusione del sapere e per la prima volta rese disponibile un
maggior numero di copie di un’opera scritta. Ma ciò, se risolveva il problema
della qualità del volume e permetteva l’abbattimento dei costi, non era ancora
la soluzione all’esigenza di ogni persona che si dedicasse al commercio e alle
arti di redigere scritti, note, bollette e lettere di corrispondenza. Tutti documenti
che dovevano comunque essere impiegati per permettere lo scambio sempre
maggiore di beni e servizi. Nel Settecento appaiono le prime idee di macchine
atte a imprimere su carta caratteri simili a quelli di stampa per ottenere, in
una sola copia e immediatamente, un documento perfettamente leggibile da
chiunque. Con lo scopo di superare anche l’ostacolo della grafia di difficile
interpretazione, Henry Miller nel 1714 realizza una macchina che
effettivamente riesce, piuttosto laboriosamente, a lasciare segni di scrittura
sulla carta ma l’apparecchio è ben lontano dall’essere una macchina
utilizzabile velocemente e proficuamente. L’Ottocento
è il secolo che vede la macchina per scrivere diventare finalmente un vero
e proprio strumento di comunicazione, maturo e
commercializzabile; dapprima, nella prima metà del secolo, molti inventori
si distinguono per produrre alcuni passi intermedi davvero notevoli, elementi
meccanici che realizzano in parte il lavoro di selezione, inchiostrazione e
impressione su carta di un carattere. Il meccanismo che permette questo lavoro
è oggi definito “cinematico” e rappresenta il cuore della macchina per scrivere
a tal punto che ogni fabbricante realizza e brevetta il proprio e lo sviluppa
per renderlo sempre più efficiente e preciso. A poco a poco i meccanismi si
standardizzano e moltissime industrie fabbricanti fioriscono e si lanciano sul
mercato, che sarà la vera palestra di cimento per il nuovo strumento
tecnologico e dove solamente le migliori macchine avranno un futuro. All'inizio
del Novecento la macchina per scrivere è un apparecchio estremamente versatile
e preciso e quindi anche diffusissimo, tanto che la pubblicità punterà anche
alle famiglie e cercherà di convincere molti studenti, aspiranti dattilografe,
piccoli commercianti, che non si può fare a meno di una macchina per scrivere
per lavorare o per trovare lavoro. Alcuni fabbricanti avranno vita breve, altri
diventeranno anche famosi ma non dureranno molto a lungo e qualche nome
diventerà mitico. Tra questi Olivetti, IBM, Remington e altre marche che
faranno faville anche nel campo dell'elaborazione dati parecchi decenni più
tardi.
Pubblicità Remington fine anni Cinquanta.
Intorno alla metà del secolo XIX, in piena era di espansione industriale, la macchina per scrivere rappresenta già un simbolo di tecnologia e molte piccole industrie sorgono anche per produrre accessori e consumabili; nasce così anche la carta carbone, segno che la società è ormai esigente anche nel campo della produzione di copie immediate di un documento, mentre pochi anni prima molti inventori avevano pensato alla macchina per scrivere come ausilio per le persone prive della vista, forse con poca avvedutezza e scarso senso degli affari; anche in Italia Carlo Ravizza presenta il suo Cembalo Scrivano esattamente con questo intento.
Naturalmente
il mercato guiderà lo sviluppo e bisogna dire anche che le guerre mondiali
hanno dato impulso alla tecnologia della scrittura perchè i governi cercavano
mezzi di comunicazione e di scrittura robusti, affidabili e possibilmente
fabbricati in proprio, senza dipendere dalle importazioni. In questo senso in
Italia l'autarchia imposta dal governo fascista come mezzo per sostituire le
importazioni sospese dalle nazioni nemiche diventava addirittura un mezzo di
propaganda e di educazione di massa. Le macchine prodotte in Italia, a parte le
Olivetti che era già una realtà solida e conosciuta, erano tutte pensate per
essere economiche... anche se ovviamente non erano vette di tecnologia a causa
dei materiali di scarsa qualità. Nella Belle Epoque le macchine erano appariscenti, spesso decorate con motivi floreali e grazie addirittura melense. Logico quindi abbinare la macchina per scrivere alla figura femminile.
Nel Novecento, finalmente, e dopo che molte macchine dalle bizzarre trovate meccaniche e tecnologiche appaiono e scompaiono nel giro di pochi anni, la macchina per scrivere diventa un apparecchio che può essere prodotto in serie e venduto, non solamente alle società commerciali ma anche ai privati e quindi utilizzato da una vastità di persone dietro un relativamente semplice addestramento. Dagli anni Trenta la macchina per scrivere è uno strumento maturo, completo ed efficiente che invade il mondo e che permette il sorgere di moderne attività di amministrazione per società grandi e piccole ma se grandi, sempre più grandi e diffuse nel mondo. Nasce così la figura del dattilografo e molto spesso si tratta di una donna, che finalmente si vede inserita nel mondo del lavoro in una posizione importantissima che richiede precisione e rapidità. La segretaria diventa la figura più importante in tutte le società commerciali.
Se ci
fermiano un momento a riflettere, troviamo che la nascita della macchina per
scrivere ha permesso di rendere la scrittura veloce come il pensiero e di
condividere con il prossimo idee che potrebbero rimanere sepolte o dimenticate
solamente a causa della cattiva grafia dell’autore. Pensiamo a come alcuni
grandi scrittori del passato, un Dante, un Foscolo, un Omero, avrebbero potuto
scrivere altre numerose opere immortali se avessero avuto tra le mani una
macchina per scrivere!
Se Dante avesse avuto la Studio 44 oggi avremmo di lui molte altre opere: forse meno immortali...
E come non pensare a leggere arzigogolate grafie
antichissime con difficoltà, che sarebbero molto più leggibili se scritte con
un bel carattere Pica! Finalmente chiunque, se può accedere all’uso di una
macchina di questo tipo, è in grado di farsi leggere da un vastissimo pubblico.
I caratteri scritti su carta, assolutamente regolari, uniformi e chiari,
possono essere letti con facilità. Già nella prima metà del Novecento la
macchina per scrivere invade qualunque ufficio e molti ritrovati tecnologici la
velocizzano. Nascono macchine per scrivere dotate di motori
elettrici, capaci di scrivere a grande velocità e in grado di imprimere molte
copie alla volta; e arrivano anche macchine in grado di compilare contabilità.
La meccanica arriva, già negli anni Trenta, a un tale grado di perfezionamento
tecnico che permette all’uomo di scrivere anche più velocemente della lettura e
in questo senso è stato un italiano, Alfredo Tombolini, grande tecnico
meccanografico del Novecento, a diventare campione mondiale di velocità di
scrittura dattilografica utilizzando una macchina manuale da lui stesso
modificata e preparata, fissando primati a ripetizione e arrivando a un record
di velocità nel 1950 di 948 battute al minuto che è destinato a rimanere
imbattuto per sempre. Leggenda vuole che Tombolini scrivesse più veloce
dell’incaricato alla dettatura che aveva bisogno di fermarsi per riposare.
Tombolini scriveva con tale rapidità che il rumore della sua macchina
assomigliava a quello di una mitragliatrice. Alfredo Tombolini nell'aula della sua scuola di dattilografia, anni Trenta. Il passo
successivo è stato quello dell’introduzione dell’elettronica, verso la fine
degli anni Settanta che, se da un lato non ha aumentato la velocità della scrittura,
ne ha ampliato enormemente la versatilità; la macchina per scrivere elettronica
è arrivata, negli anni Ottanta, a gestire e archiviare migliaia di documenti e
solamente in seguito allo sviluppo dei primi computer di massa, che richiesero
circa dieci anni per recuperare il ritardo, si è giunti all’esaurimento di
ulteriori sviluppi della macchina per scrivere. In questo campo Olivetti
nel 1978 fu la prima produttrice al mondo di una macchina per scrivere
completamente elettronica, ma già dieci anni prima Olivetti realizzava il primo
vero computer destinato all’amministrazione aziendale. Olivetti realizzava
macchine elettroniche destinate all'elaborazione e all'archiviazione di testi
efficientissime che invasero l'Italia e il mondo qualche anno prima che i
personal computer fossero in grado di fare lo stesso. Ancora oggi in qualche
ufficio è possibile vedere sistemi ETV o piccole CWP1, ancora funzionanti e
dotate di tanti floppy disks! Certo, si può dire che tutto ciò che queste
macchine hanno prodotto oggi potrebbe essere comodamente riposto in una
chiavetta USB, ma non fareste i conti con quello che i possessori di tali
macchine pensano dei computer... Olivetti ET 101 - 1978
Olivetti è
il nome che da sempre, in Italia, indica la macchina per scrivere. Ma Olivetti
è un nome famoso in tutto il mondo ed è ancora oggi riconosciuto per
innovazione tecnologica, creatività e design. Macchine che hanno fatto la
storia della dattilografia e che hanno letteralmente invaso il mondo sono la M40,
la Lexikon 80, la Diaspron 82, la Tekne e la Editor
e le portatili MP1 ICO e Lettera 22. Queste macchine sono ancora
oggi conosciutissime e ricercate e sono state prodotte in milioni di esemplari
in innumerevoli versioni. Alcune macchine sono diventate, al loro apparire sul
mercato, veri standard del design e celebrate nei musei ed esaltate nei luoghi
di ricerca industriale. Olivetti significava, ancora negli anni Settanta,
l’apice della creatività e dell’industria italiana e chi lavorava in Olivetti o
riparava Olivetti era considerato un tecnico di successo. Possedere una
macchina Olivetti era motivo di orgoglio e la si poteva acquistare anche a
rate. La macchina era quindi custodita gelosamente e conservata con cura e non
era infrequente portarla in uno dei tantissimi centri assistenza per far eseguire
manutenzioni e riparazioni.
Olivetti, pubblicità "istituzionale" degli anni Sessanta. Olivetti era certamente all'avanguardia anche nella comunicazione al pubblico, sia quello professionale che quello privato.
Questo modo
di pensare è oggi del tutto assente, in un’era digitale che prevede il continuo
ricambio di computer e stampanti che diventano obsoleti in brevissimo tempo:
possedere un cellulare o un tablet è una soddisfazione che deve durare solo
pochi mesi poiché un nuovo modello sarà lanciato sul mercato entro poco tempo e
l’informazione pubblicitaria renderà assolutamente necessario acquistare un
nuovo modello per non sentirsi fuori moda. Ma non è un caso che la crisi
economica globale che da svariati anni imperversa stia riproponendo tecnologie
del passato che si dimostrano ancora efficienti e solide. La new economy non ha
dimostrato simili solidità e concretezza e nel mondo sempre più appassionati
cominciano a riscoprire macchine per scrivere e calcolatrici. Possiamo anche
pensare che simili macchine non soffrono di blocchi di sistema (a parte usura
di camme ed elementi in movimento) e non occorre chiuderle e riaprirle per
vedere se funzionano nuovamente... e comunque non soffrono di virus e non sono
soggette ad attività di controllo e spionaggio.
Invece
l’Olivetti Lettera 22 era studiata e fabbricata per durare decenni e chi ancora
oggi la possiede è ancora oggi orgoglioso e in Italia tutti riandiamo con la
mente a nomi illustri della scrittura e del giornalismo, se proprio non
vogliamo scomodare Hemingway. Olivetti ha anche prodotto calcolatrici che sono
state vendute in tutto il mondo e riconosciute come innovative e
all’avanguardia già negli anni Quaranta. La meccanica delle calcolatrici
elettriche, come le celebri Divisumma, è di eccelso livello e in
moltissimi uffici era considerata una vera preziosissima risorsa. Le grandi
aziende che dovevano compilare contabilità in elevati volumi disponevano di
stanze appositamente pensate per l’uso intensivo di calcolatrici e macchine per
scrivere in epoche precedenti l’arrivo dei primi computer. Il frastuono
prodotto da cinquanta macchine per scrivere che battevano ferocemente e
contemporaneamente è un suono oggi non più ascoltabile, ma autentico ricordo di
anziani tecnici e capitani di industria che, in epoche che oggi paiono davvero
remote, lavoravano e producevano con entusiasmo e alacrità. Sono anche attivo su: copia questo indirizzo: cmcartigiano.tumblr.com |